Emanuela ci racconta che, circa un anno fa, ha scoperto una recidiva: il tumore al seno che aveva già combattuto in precedenza era tornato. Emanuela era preparata a ciò che le sarebbe successo, se non che, questa volta, doveva affrontare anche le cure chemioterapiche. Dopo l’operazione, infatti, i medici le consigliano di sottoporsi sia a radioterapia che a chemioterapia.
Emanuela si descrive come una persona molto organizzata così nel momento in cui ha capito che avrebbe perso i capelli si è subito messa all’opera per trovare la soluzione migliore per lei. «I capelli erano la parte che mi piaceva di più di me, la malattia mi stava portando via due delle caratteristiche a cui tenevo di più: il seno e i capelli».
Emanuela tiene a specificare che inizialmente la cosa che le dava più preoccupazione della chemioterapia era proprio la perdita dei capelli: «io ho sempre avuto i capelli lunghi e ricci, li sentivo come una parte della mia identità. Per me la perdita dei capelli era come perdere un pezzo di me stessa. Non era neanche un aspetto estetico era proprio legato alla mia identità.»
Col senno di poi Emanuela ci spiega che per lei era un modo per spostare l’attenzione dal vero problema che era chiaramente il tumore, ma che riuscire a trovare la soluzione alla calvizie è stato fondamentale per la sua guarigione.
L’aiuto più importante della tricoprotesi Vivay
«La protesi è come se mi avesse dato i superpoteri, mi ha dato il coraggio, è andata oltre l’aspetto estetico, mi ha dato sicurezza». Emanuela ci riferisce che l’essere riuscita a superare il problema della calvizie, che per lei era un ostacolo insormontabile, in modo così celere ed efficace, grazie alla tricoprotesi Vivay, le ha dato anche la forza di pensare che sarebbe riuscita anche a sconfiggere la malattia. «Ho proprio pensato: se sono riuscita a superare in modo così brillante questa cosa che per me era improponibile allora posso superare tutto».
Come sei venuta a sapere dell’esistenza di Vivay e delle tricoprotesi personalizzate?
«È stata illuminante una chiacchierata con la Professoressa Rovera, primaria dell’ospedale di Varese». La dottoressa ha subito capito che il “tema capelli” era particolarmente delicato per Emanuela e le ha suggerito di rivolgersi a Vivay. Parallelamente la donna aveva già scoperto la realtà di Vivay navigando su internet, alla ricerca della soluzione al suo problema. Emanuela decide infine di prendere un appuntamento. «Ho avuto il tempo di parlare con il team Vivay prima dell’inizio della chemioterapia e l’applicazione della tricoprotesi è stata effettuata nelle tempistiche più idonee in relazione all’inizio della perdita dei capelli: non ho mai dovuto vedermi senza capelli»
Hai scelto di applicare la tricoprotesi in modalità fissa o semifissa?
«Ho scelto di non vedermi mai senza capelli e ne sono felice». Emanuela ci racconta che ha scelto subito, senza nessun dubbio, la tricoprotesi in modalità fissa. In primo luogo perché non voleva assolutamente vedersi senza la sua amata chioma, ma un altro fattore importante è stata sua figlia. La ragazza era a conoscenza della malattia della madre che non ha mai voluto nasconderle la verità, però «Non volevo toglierle la normalità della mamma come l’ha sempre vista». Per questi motivi Emanuela ha valutato la modalità fissa come la soluzione migliore per lei. Ci tiene a specificare che questa scelta non è stata fatta per non raccontare della sua situazione alle persone a lei vicine, anzi: «Il fatto di potermi vedere uguale a prima mi dava anche la sicurezza di poterne parlare senza problemi. Io non ho mai voluto nascondermi! Praticamente chiunque mi conosca sa cosa mi è accaduto, ma certo il fatto di poter andare in giro con i propri capelli ti fa sentire meno osservata e quindi rende la situazione più semplice da gestire»
Il rapporto con il team di Vivay
Emanuela vuole anche sottolineare come il personale Vivay sia stato gentilissimo nei suoi confronti: «un altro aspetto che ho apprezzato tantissimo è stata la gentilezza con cui Michela e Paolo si rivolgono ai malati che stanno affrontato una situazione particolare e difficile.» Gentilezza e rispetto della situazione sono stati da lei davvero graditi. «Il rischio è che la gentilezza in questi casi si tramuti in commiserazione, invece no, loro forniscono davvero un aiuto e un accompagnamento che è diverso ed è quello che il malato davvero desidera in quel momento»
Hai lavorato durante la malattia, la tricoprotesi ti ha aiutato in questo contesto?
Emanuela lavora in un centro di formazione e si occupa di comunicazione, un lavoro che a livello fisico non ha mai sottoposto la tricoprotesi a sollecitazioni particolari, ma è stata fondamentale nei rapporti. La nuova chioma le ha permesso di svolgere in totale serenità tutte le sue mansioni «Il fatto di indossare la tricoprotesi non mi ha condizionato minimamente in tutte le attività che ho svolto».
I colleghi erano a conoscenza della malattia ed anche della tricoprotesi. «La tricoprotesi è una cosa che mi ha fatto stare bene quindi perché non parlarne?». Emanuela si definisce una persona ironica, una volta trovata la soluzione non aveva nessuna remora ad affrontare l’argomento, alcuni colleghi che non si erano accorti subito della tricoprotesi sono stati poi informati da lei scherzosamente : «Ma come non ti sei accorto? Pensavi mi fossero cresciuti i capelli di 10 cm in una notte?».
Hai praticato sport indossando la tricoprotesi?
Durante la malattia Emanuela ha continuato a praticare yoga e fare camminate. «Non ho mai sofferto più di tanto il caldo nonostante fosse estate, certo all’inizio appena indossata è comunque un corpo estraneo a cui però mi sono subito abituata e, a quel punto, non ricordavo neanche più di averla addosso, era leggerissima».
La caratteristica della tricoprotesi Vivay che ti ha più colpita?
Emanuela ha scelto per la sua tricoprotesi lo stesso taglio e colore della sua chioma riccia naturale.
«La cosa che ho apprezzato di più quando ho messo la tricoprotesi per la prima volta è che mi sono riconosciuta, mi ha emozionato moltissimo vedermi nello specchio e pensare “caspita sono io!”. Per me è stata una cosa bellissima, una delle cose più belle che mi potessero succedere in quel momento». Ancora una volta Emanuela tiene a sottolineare come il riconoscersi sia stato fondamentale per poi affrontare tutto il resto.
Consiglieresti la tricoprotesi a donne nella tua situazione? Se si perché?
Emanuela consiglia assolutamente l’utilizzo della tricoprotesi Vivay in quanto strumento in grado di facilitare il percorso di cura, data la fiducia e la sicurezza in sé stesse che trasmette a chi la indossa.
Inoltre sottolinea come un prodotto di tale qualità dovrebbe essere garantito a tutti coloro che ne hanno bisogno come tappa basilare per trovare la forza di affrontare e combattere la malattia. «Stare bene a livello psicologico è fondamentale, è un elemento che contribuisce in modo importante al successo della terapia». Le associazioni che si occupano di supportare i malati, secondo lei, dovrebbero concentrarsi maggiormente su questi aspetti collaterali che influenzano pesantemente la terapia stessa.